PoesiaPoesie e prosa dei nostri scrittori sigillani.

LA PIGRIZIA

La Pigrizia andò al mercato
e un broccolo comprò
Mezzogiorno era suonato,
quando a casa ritornò.
Prese l’acqua, accese il fuoco
si sedette e riposò.
E intanto poco a poco
anche il sole tramontò.
Cosi a letto, borbottando,
senza pranzo e senza cena
la Pigrizia se ne andò.
"Poesia che insegnavano le maeste
delle elementari nei primi anni del 1900,
quando le scuole elementari
erano situate a S. Agostino "casa per anziani".



A SIGILLO


O Terra Promessa, paese del ritorno!
Dopo la vita nelle città soprafollate
corro per riposare sotto le tue tende
e contare le stelle nascoste fra i monti
come le gocce scroscianti, gioielli preziosi.
Vengo per star vicino ai tuoi focolari,
gustare l’ebbrezza del vento fra le vigne
e bagnare le mani nelle sorgenti perenni.
Invitato dal silenzio dei tuoi santi
voglio offrire le ore di preghiera
e dimenticare tutti i pensieri lontani
dal cuore divino che udii qui la prima volta
Il mio viaggio sulle ali della colomba
divenne un libro sette volte sigillato:
é degno di aprirlo fino all’ultimo
solo colui che mi riporta a casa
ogni volta, sempre ritrovando la strada.
Egli stesso lo completerà un giorno...

I

Se vuoi raccontare
i tuoi sguardi veloci
o povero macchiaiolo
prima taci a lungo
che vieni da lontano
ascolta la gente
e le nostre campane
finché impari il ritmo
e le melodie che suonano
i venti sulle montagne
il canto delle valli
che si aprono per te

II

sulla strada verso il Cucco
c’é un’umile ruscellino
che nasce ai piedi forti
del nostro gigante generoso
incoronato con le rocce d’oro
avvolto nel manto verde
della foresta sempre piu alta
anche se vuoi contro il cielo
con il sole caldo negli occhi
devi inginocchiarti per bere
qui si imparano i primi passi
di lunga strada verso la croce

III

Chiudi gli occhi Francesco
per veder meglio il tuo sole
per scorgere il chiarore dell’arcobaleno
nel sorriso della tua amata
copri le orecchie con le mani ferite
dal silenzio sopra le montagne
i boschi si svegliano all’alba
con la musica impossibile da raccontare
(deve essere sentita)
vai da qui da queste borgate
che conosci pietra per pietra a memoria
come nessun altro nato su questa terra
promessa ai padri dai padri
per ritornare fra la tua gente
servirli povero asinello del Signore.

IV

Hai visto un vecchio ponte
cosi vecchio che ormai nessuno
ha coraggio di camminarci sopra
e pensare che ancora due mila
anni fà, l’imperatore mandava
con i messaggi della sua pace
dei legionari armati di paura
anch’io passando accanto
non credo più nell’eternità
del divino Augusto che non seppe
niente del suo vero re
nato in una provincia sperduta.

V

Più piccola delle torri
più silenziosa fra i campanili
quella di Sant’Anna antica
non annuncia il correre del tempo
non spaventa nessuno con il lutto
povera sorella dei due santi
grandi e importanti da secoli
é la serva dei signori cittadini
però tutti sanno bene fra le mura
che non si spegne mai il fuoco
nella cucina della nonna del Signore
ed é sempre pronto per un pellegrino
il brodo caldo dal rosario
e un bicchiere traboccante
del silenzio.

VI

Chi sono sti esseri volanti
sulle nuvole di Monte Cucco
se le aquile son tornate
per regnare da qui sull’Umbria
o i cavalli solitari montanari
figli del vento e del sole
son assunti fra le schiere celesti
non ti meravigli ne sorprendi
sono questi i vecchi eremiti
che hanno imparato a librare
sulle ali dei salmi e corali
galleggiare nell’abisso azzurro
come i gabbiani di passaggio.

VII

Chi mi diceva che dalla grotta
si vedono due mari vicini da toccare
e dentro puoi trovare un fiume
che non finisce su questa terra
quanti racconti e quanti sogni
han fatto i coraggiosi che tornano,
a me basta una pietruzza cristallina
ancora piena del buio che non scompare
nella luce del sole all’alba
per ricordare che ci sono stato
vicino al cuore di questa terra
come Giona il profeta
ridato alla vita.

Henryk Romanik Sigillo 7.02.1989


LA DUREZZA DI CUORE

-“ Una goccia, o nuvoletta”,
sitibondo un fior gridò. -
“Or non posso, ho troppa fretta”,
gli rispose e via passò.
Chino al suol, che amor gli nega,
il meschino inaridì.
Al mendico che ti prega,
non risponder mai così.
Giuseppe Caparrozzo

 
A CASA - PARTENZA DELLA BELLA NAVE
Leonardo da Vinci da NY

Come la chioccia
Accoglie i suoi pulcini
Sotto le ali morbide,
Sollevate con tanta tenerezza
Per ospitare i suoi piccoli
Che tra penna e penna
S’affacciano con la testina
Pigolando pian piano
Le prime note,
Che la mamma
Sussurra sottovoce,
Cosi, la Leonardo
Stava affiancata stamattina
Al porto di New York
Si riposava tranquilla
In attesa di noi,
Per riportarci in Patria
La nella nostra bella Italia
Terra di Santi, di poeti,
Madre esemplare di civiltà
Appena ci ha visti
Ci ha fatto un sorriso,
Simile ai santi del paradiso
Indicandoci il pennone più alto
In cui, festosamente sventolava
Nella brezza mattutina
La bandiera tricolore
Salimmo piano piano a mille a mille
Per le ampie scalinate,
Ed anche lei si abbassava dolcemente
Nelle acque limacciose del porto
Come la chioccia.
E invocando il Signore,
Ognuno portava in mano
Una valige, una cartella, un fiore.
E con gli occhi velati
Di un mistico pianto
Tutti avevano un parente,
Un amico al fianco!
Appena giunti sui primi balconi
Della stupenda nave,
Ideata e costruita
Dal genio Italiano
Impareggiabile al mondo,
Tutti correvamo ad affacciarci
Per salutare ancora una volta
La folla, che traboccava
Dietro le cancellate del porto,
Inneggiando in tanti dialetti
Che la madre Patria
Ci ha insegnato.
Spettacolo commovente
La partenza d’una nave!
A mille a mille i fazzoletti
Sventolano in segno d’augurio
Per un viaggio felice
Di ritorno in Patria.
E sempre a fronte alta
Si va fiduciosi
All’ombra della buona stella,
Che ci guida verso un avvenir sognato.
All’urlo fragoroso della sirena di bordo
Tutti fremono, tutti gridano;
Poi il fatidico nodo alla gola
Ti prende, soffoca, strazia.
Un religioso silenzio domina tutti
Si parte pian piano.
Salutati da mille e mille mani,
Accompagnati dal volo lento dei gabbiani.
Severino Marianelli
 
N.J. 11 Aprile 1962


ADDIO ANTICA TORRE DELL’OLMO
DEDICATA AL MIO CARO PAOLINO
 
M’affacci alla finestra ogni mattina
e vedo l’antica Torre sulla collina,
la vedo tanto mesta e rattristata
per essere di colpo abbandonata.
E da quel Colle, quieto e dominante
par che faccia a nascondino tra le piante.
     Dio vorrà concedere col suo amore
darle un altro onesto successore
e rivivere lieto e beato
mentre il piazzale sta diventando prato.
Vedo la vecchia casa restaurata
col suo balconcino e la scalinata,
opera del figlio mio prediletto
dalle fondamenta al tetto.
     Faceva sogni dorati di vita beata
per trascorrerci lieto qualche libera giornata
felice di sera di pace vera
inneggiando il Buon Dio con la preghiera.
     Ma il destino avverso non l’ha concesso
e un triste male ha causato il decesso.
      Ora Lui vola nello spazio infinito
col Suo dolce sorriso
assieme a tutti gli Angeli del Paradiso.
     Un dolce ricordo mi rallegra e mi ridesta
quell’unico giorno della festa,
che tutti della nostra famiglia
vivemmo ore liete con tanta meraviglia.
     E spirato tranquillo
senza fare un lamento;
questo mi fa vivere contento.
     Ed é passato alla vita Eterna
recando con Se una lanterna
per illuminare la via del Vero
assieme a tutti gli Angeli del Cielo.
Mi sarà dolce morire come Te
da Pellegrino della terra.
Mi parrà d’esser un Re,
e attendo sereno questo giusto evento
per stare con Te felice e contento.
     Arrivederci presto
Figlio diletto, senza peccato e senza alcun difetto,
benedici tutti; salvaci dalla guerra
noi peccatori della Terra.

Sigillo il 28/10/85 Severino Marianelli

 

POESIA POPOLARE

Dimmelo amore mio, se mi vuoi bene.....
Aiutami a levarmi 'sta passione
che con le spade m'hai trafitto 'l core
e solamente tu mel poi guarire.
   
    Quand'è fatta la nespola piangete
    perché è l frutto dell'estate.
    C'è rimasta sol la scapornecchia
    e con questa, mani e bocca ve sporcate.

Miseria e povertà son due sorelle;
se son ficcate dentro casa mia;
se son messe una per cantone.
Misericordia, 'nse  ne vanno via!
  
    Dimmelo bello mio, che posso fare
    se 'l mio core soffre per amore!
    Tu vai lontano e non me voi sentire
    quanto forte è la pena e 'l mio dolore.

Dina Mariani, 1989


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